Nel corso dei tempi si perdono i significati delle parole e alla fine si confonde anche il significato delle cose. Questo vale anche per la magia che viene spesso definita in vari modi, molto differenti tra di loro.
Facciamo un po’ di chiarezza partendo proprio dalla parola “magia”. Magia deriva dal persiano “magush”, che contiene la radice “magh” che significa “avere potere”, “gestire il potere”.
E’ quel potere di cui erano intrisi i Magi, i grandi sacerdoti persiani noti per lo più, al giorno d’oggi, per la loro particolare sapienza a proposito dell’astrologia e della divinazione.
Con “magia” dunque si intende circoscrivere quell’insieme di riti, pratiche, conoscenze e credenze a cui gli individui ricorrono per ottenere dei benefici o perseguire degli scopi. La ricerca di un potere appunto.
L’origine della magia si mescola in maniera così stretta alla storia delle religioni, che è difficile al giorno d’oggi capire come distinguere l’una dall’altra. Gli evoluzionisti, studiando le religioni primitive, non avevano dubbi in proposito: la religione è una evoluzione dei rituali magici.
Non possiamo certo condividere tutta la sicumera degli evoluzionisti, ma possiamo senza dubbio raccogliere la presenza della magia nelle religioni più antiche di cui abbiamo testimonianza.
L’esempio più facile è quello legato all’Antico Egitto: le divinità erano capaci di grandi magie, eseguite per lo più pronunciando precise parole e formule, in grado di cambiare la realtà.
Ma anche a Babilonia, gli dei come Marduk e Ea erano prima di tutto dei grandi maghi. Così nacquero anche delle figure umane capaci da fare da tramite tra queste entità magiche e la realtà.
La confusione a proposito della magia nasce dal fatto che di questa parola si sia esteso il suo significato durante i secoli: stregoneria, occultismo, fattucchieria, augurio, negromanzia, sciamanesimo, rituali tribali… Tutto insieme in una grande pentola chiamata “magia”.
Questa grande confusione non aiuta a capire, e con questo articolo vorremmo iniziare a fare un poco di chiarezza. I temi sono tanti e prenderemo le cose un poco alla volta, scendendo in profondità lentamente ma con molta cura.
La prima grande distinzione che vogliamo fare in questo articolo e che approfondiremo nei prossimi è quella tra Magia Bianca e Magia Nera.
La magia bianca è utilizzata a fin di bene, è strutturata per utilizzare il suo potere per migliorare, per creare, per ispirare, per agevolare, per generare benefici per sé o per gli altri.
La magia nera invece è quell’insieme di incantesimi, formule e riti atti ad utilizzare le forze occulte e malefiche per recare danno agli altri, per vendicarsi o per puro piacere di compiere il male.
Su wikipedia sono espresse due definizioni molto precise a nostro avviso, e ve le riportiamo con piacere.
Per quanto riguarda la magia bianca:
Mentre la magia nera mira ad accrescere il potere del mago tramite l’invocazione di forze soprannaturali e paranormali, che vadano oltre le leggi naturali imposte alla realtà, la magia bianca intende operare in armonia con esse, ritenendo che ogni organismo, fenomeno o evento abbia un suo posto nel disegno universale stabilito da Dio, in quanto partecipe di un’unica Anima del mondo (concezione tipica del neoplatonismo che si ritrova ad esempio in Marsilio Ficino).
Più precisamente, chi fa della magia nera cerca di sottomettere le entità del cosmo al proprio volere (sovvertendone le leggi), chi fa della magia bianca sottomette invece la propria volontà alle leggi del cosmo. Ciò significa che per operare in armonia con l’universo occorreva sviluppare un senso morale basato sull’obbedienza a Dio e sul rispetto della sua volontà.
E poiché si pensava che la volontà divina coincidesse con la razionalità oggettivata del mondo, la magia bianca si proponeva di preservarla, e anzi di favorire la sua naturale evoluzione. La magia bianca si inseriva così nell’ottica tipica dei pensatori rinascimentali, i quali ritenevano che tutta la creazione, corrottasi a causa del biblico peccato originale, tendesse a ritornare verso la perfezione originaria.
Come l’uomo tende verso la divinizzazione, così ogni elemento tende a ritornare verso la meta cui è stato assegnato (o entelechia), secondo la concezione aristotelica mescolatasi con quella platonica. Si cercava in un certo senso di risolvere la materia nello spirito; la magia bianca finì in tal modo per coincidere con l’alchimia, che si prefiggeva di costruire la pietra filosofale, al fine di trasmutare i metalli in oro, considerato la meta naturale di ogni elemento.
L’oro era ricercato non a scopi di avidità o di possesso, ma per le sue proprietà intrinseche, essendo tra i metalli quello più incorruttibile (cioè più resistente al tempo), oltre ad essere un ottimo catalizzatore da usare nelle reazioni chimiche.
Gli interessi suscitati dalla magia bianca, rivolta esclusivamente allo studio della natura e al rispetto delle leggi in essa presenti, funsero così da apripista alla chimica moderna.
L’opera dell’alchimista consisteva infatti essenzialmente nello studio empirico delle sostanze elementari e in esperimenti scientifici su di esse. Egli ne cercava le proprietà operando all’incirca come un chimico, catalogandole, tentando miscugli, introducendo nel suo lavoro fornelli ed alambicchi che saranno poi gli strumenti principali utilizzati dalla chimica come la intendiamo oggi.
Per quanto riguarda la magia nera:
La magia nera è tradizionalmente considerata come la capacità di un mago di comprendere e controllare un potere maligno e soprannaturale. È spesso associata all’occultismo e al satanismo.
Nel mondo popolare la magia nera è considerata un potere distruttivo opposto a quello della magia bianca, che invece persegue effetti benefici. Questo concetto appare però molto più sfumato in alcune società primitive extraeuropee, come ad esempio tra gli Azande, le cui tradizioni furono studiate negli anni Trenta del secolo scorso da Edward Evan Evans-Pritchard.
Questi popoli, infatti, ritenevano benefica qualsiasi magia che avesse recato danno ai nemici del loro gruppo sociale, e credevano si avesse senz’altro a che fare con la magia nera ogni qualvolta veniva colpito un soggetto che non avesse infranto alcuna legge o usanza.
Questa opposizione alla magia bianca, stando ad altre interpretazioni, sussisterebbe in quanto fondamento di quel dualismo di energie cosmiche che garantirebbe l’equilibrio dell’intero universo. Il colore nero è collegato all’oscurità ed è in diretto contrasto con il bianco, collegato alla luce; entrambi gli elementi sono però indispensabili e l’uno non può esistere senza l’altro. La metafora cinese dello yin e dello yang può fornire un esempio di questo genere di contrapposizione.
Nell’ambito della magia naturale – un fenomeno tipico degli strati sociali più acculturati, come ad esempio quello dei maghi europei del Rinascimento – non esisterebbe un vero e proprio concetto di magia nera se non come deviazione dallo scopo primario del mago, che dovrebbe essere quello di stabilire un contatto tra macrocosmo e microcosmo. La magia nera (magia daemoniaca o magia illicita) deve pertanto ricorrere a un patto o a un contratto con le forze malefiche della Natura, invece che a un rituale simbolico in grado di mettere il mago in comunicazione con le divinità positive. Nel corso della storia, tuttavia, questi due aspetti della questione non sempre sono stati tenuti nettamente distinti.La magia nera è inoltre ritenuta un’espressione della hýbris greca, ovvero della volontà di ottenere conoscenze e poteri superiori a quelli permessi dal proprio livello di sviluppo attraverso una prevaricazione delle leggi dell’armonia universale.
Speriamo, di essere stati sufficientemente chiari in questa prima fondamentale distinzione. Nei prossimi articoli inizieremo ad andare un po’ più a fondo, perciò seguici con attenzione e se hai domande da fare o qualcosa da chiedere in proposito, non esitare.