Quando parliamo di Dolmen e Menhir si fa riferimento ai monumenti più antichi esistenti sul pianeta, essi infatti risalgono, secondo molti studi, al neolitico.
Il bello di questi monumenti è che nessuno ne conosce la funzione precisa seppure si fossero diffusi un po’ ovunque: Asia, Africa, in tutta Europa e, soprattutto, in Irlanda nel famoso sito di Stonehenge.
Che cosa sono i Menhir?
Prima di tutto spieghiamo la parola: “men” in lingua bretone significa “pietra”, ed “hir” invece si può tradurre con “alta”. Il concetto di base è quindi spiegato, ma bisogna considerare che vi sono menhir da ottanta centimetri ed altri, come quelli di Stonehenge, che raggiungono anche i dieci metri d’altezza.
Le osservazioni che si possono fare sui Menhir sono molte così come moltissime sono le teorie sulla loro reale funzione. Tendenzialmente i menhir sono colonne monolitiche di pietra che presentano le facce larghe sull’asse est-ovest e possono essere utilizzate per scandire il tempo, segnare solstizi ed equinozi e dare indicazioni sulla spiritualità celtica.
Per lo meno questo si suppone, così come si crede che fungessero da osservatori astronomici. Queste teorie in realtà nascono da speculazioni basate sull’osservazione di altri popoli: se Egizi, Greci, Fenici ed altri davano importanza rilevante all’astronomia, molto probabilmente anche per i Celti questa scienza doveva avere un ruolo centrale.
Dalle poche informazioni che abbiamo possiamo supporre che i Menhir rappresentassero una sorta di connessione con il divino, con l’ultra umano.
Infatti essi sono capaci di unire assieme i tre mondi: quello Celeste delle divinità, rappresentato dal cielo, il mondo umano e quello infero situato sotto terra. Il Menhir li tocca tutti e tre e sono molti a credere che per questa ragione rappresentassero una sorta di portale, un simbolico Asse Cosmico.
I Menhir italiani
Si è abituati a pensare ai Menhir come ad un fenomeno esclusivamente irlandese, ma, come già accennato, questi monumenti sono comparsi in tutto il mondo.
Anche in Italia sono presenti molti Menhir: in Sardegna, ad esempio, ve ne sono più di 100, ma sono tantissimi anche in Puglia. Sorprendentemente se ne trovano pochi in Lombardia seppure fosse terra celtica.
Che cosa sono i Dolmen?
Per partire ancora dalla parola con Dolmen si fa più fatica perché esistono varie interpretazioni. Pare comunque che sempre dal bretone la parola “men” sia sempre traducibile con pietra, ma “t (d) aol” venga equiparato alla parola latina “tabula”, il che porterebbe ad una traduzione di “pietra piatta” o “tavola di pietra”.
Il fatto però è che la parola Dolmen non dovrebbe risalire alla lingua Bretone e da qui si scatenano diverse interpretazioni basate su diversi studi in merito.
Quello che sappiamo è che i Dolmen sono delle costruzioni di pietre sistemate per creare una sorta di “capanna”. Alcuni sono in grado di ospitare persone, altri sembrano quasi degli altari.
Le ipotesi sui Dolmen sono davvero numerose, tra cui merita citare quella che li vorrebbe come monumenti funerari ed un’altra teoria secondo la quale questi monumenti erano dei veri e propri altari e luoghi di culto.
In effetti nulla vieta che questi colossi venissero utilizzati per entrambe le funzioni: infatti gli archeologi hanno ritrovato diverse sepolture nei pressi di queste costruzioni.
È inoltre risaputo che i Celti trovarono queste costruzioni già in essere e potrebbero averle utilizzate come luogo di culto o come altari per alcuni cerimoniali.
I Dolmen sono molto affascinanti perché sono spesso delle vere e proprie colline artificiali che ricordano altre costruzioni appartenenti ad altre culture come i Tuatha de Dannan.
Tradizionalmente i Celti non percepivano una netta distinzione tra le dimensioni: per loro esistevano dei portali che consentiva la comunicazione tra il regno dei vivi e quello dei morti.
Non bisogna però pensare al mondo dei morti come a quello tratteggiato da Dante, qui non vi era infatti Paradiso ed Inferno ma bensì un luogo legato agli Dei e all’Inconoscibile.
Per i Celti, nel post mortem, si tornava all’origine di tutte le cose, imitando così il percorso del sole e quello della luna, ma anche il susseguirsi delle stagioni.
L’esistenza per i Celti era ciclica e la morte era solo il punto in cui finiva un ciclo e ne iniziava un altro. Si noti che per questo popolo il giorno iniziava con il tramonto, perché era la notte a dare origine al giorno e non viceversa.
Traevano questa conclusione dal fatto che anche l’uomo nasceva nel buio del ventre materno per arrivare poi alla luce, così come il pulcino dall’uovo.
Per questa ragione i Dolmen, semi interrati, costituivano dei veri e propri simboli della vita che rinasce, che si evolve, che si trasforma, che cambia ciclo. Una porta di accesso al mondo degli Dei.
Dolmen italiani
Nella nostra penisola i Dolmen non sono presenti in maniera copiosa come i Menhir, ma vi è da dire che in Sardegna ve ne sono molti e in Puglia ve ne sono oltre 100.
Anche la situazione italiana mette in evidenza come l’origine di questi megaliti non possa essere messa in relazione con la cultura celtica. I Celti hanno trovato Dolmen e Menhir e li hanno inclusi nei loro culti, ma non sono stati loro ad erigerli.
Basterà infatti notare che le regioni italiane celtiche per antonomasia siano quasi del tutto prive della presenza di Menhir e Dolmen, mentre Sardegna e Puglia sembrano essere le terre più interessate da questo fenomeno.
Viene quindi da supporre che questi megaliti vengano da più lontano e che la loro distribuzione sia legata alla presenza di nodi energetici terrestri che hanno fatto sì che queste pietre venissero utilizzate anche per rituali cristiani.
Anche la cultura pagana ha utilizzato queste costruzioni per i propri rituali e scopi e a volte, purtroppo, ha preteso di distruggerne diversi esemplari.
Tutto ciò testimonia una certa “universalità dei Dolmen e dei Menhir”, una potenza che viene da lontano e che si adatta a tutte le culture e religioni. Che travalica la storia e, di generazione in generazione, si ritrova al centro della vita spirituale degli esseri umani.